Ask Them – Giulia Tracogna: mestruazioni, inclusività e tabù.

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Ask Them è la nostra serie di articoli, creata con l’intenzione di dare spazio e voce a persone che vogliono aiutarci ad ampliare la visione che spesso si ha di alcuni temi, passando da informazioni più tecniche ad esperienze e riflessioni personali.

Ask Them Giulia Tracogna Banner

Il primo di questi articoli, è un’intervista che abbiamo fatto a Giulia Tracogna, una psicologa clinica LGBTQIA+, consulente sessuale, formatrice e transfemminista intersezionale.
Con lei abbiamo parlato di mestruazioni, dello stigma presente intorno a questo argomenti e di come combatterlo e di inclusività per persone trans* e non binarie. Cominciamo!

Ciao Giulia! Raccontaci un po’ di te, del tuo lavoro e dei tuoi progetti all’attivo!

Ciao! Sono una psicologa clinica, consulente sessuale e formatrice; attualmente mi sto formando in sessuologia clinica.

Lavoro sia privatamente in ambito clinico che come consulente presso alcuni servizi residenziali per persone con disabilità intellettive, autistiche e con disturbi del comportamento.
Cerco inoltre di portare avanti dei progetti di divulgazione, sia online sia dal vivo, attraverso il mio canale Instagram e l’associazione che ho fondato con alcunз colleghз, associazione Asterisco.

Nella tua bio Instagram, ti definisci transfemminista intersezionale: ci spieghi cosa significa per te questa definizione?

Essere una psicologa transfemminista intersezionale significa battermi a favore dell’uguaglianza dei diritti di tuttз, riconoscendo e decostruendo le dinamiche di dominanza sociale che impattano sui gruppi minoritari e marginalizzati e promuovendo una visione del mondo aperta alla complessità, alle diversità e al rispetto delle individualità. 

Sono fermamente convinta che la professione psicologica sia intrinsecamente politica, in quanto l’autorevolezza professionale stessa conferisce una posizione forte nel plasmare il discorso sociale. Ho quindi voluto rendere la mia posizione esplicita e chiara.

Ask Them Equality
Nel tuo profilo, tra i tanti temi che tratti, a volte parli di mestruazioni: anche grazie alla tua esperienza lavorativa, pensi che ci sia uno stigma intorno a questo argomento?

Purtroppo sì, c’è ancora un grande stigma nei confronti delle mestruazioni.
Lo possiamo vedere nella vergogna e nel disgusto con cui ancora si affronta il tema, ad esempio attraverso il linguaggio utilizzato per parlarne, fatto di modi di dire e nomignoli, o le rappresentazioni edulcorate negli spot di assorbenti (il famosissimo liquido blu).

Anche la ricerca in psicologia conferma la presenza dello stigma nei confronti delle mestruazioni, ad esempio l’esperimento di Roberts e colleghз (2002) in cui la consapevolezza che una persona abbia le mestruazioni comporta maggiore oggettivazione di quest’ultima, evitamento, percezione di minore piacevolezza e minore competenza. 

Questi atteggiamenti si sono evidenziati indipendentemente dal genere (nello studio in questione uomini e donne), indicando che anche persone che hanno mestruazioni hanno interiorizzato tale stigma e lo rivolgono a se stesse e ad altre persone mestruate.

Questi sono solo alcuni dei molteplici esempi a conferma della presenza di un forte stigma attorno alle mestruazioni.

Ask Them Sangue Mestruale
E’ incredibile che tutt’ora, nonostante sembri esserci più apertura verso tantissimi temi, ci sia ancora così difficoltà a discutere di un argomento che riguarda la vita di miliardi di persone. Da dove nasce questo stigma, e come possiamo combatterlo?

La concezione della donna, storicamente, ha sottolineato il legame della femminilità con la natura come prova evidente di inferiorità. Questa rappresentazione trova origine nelle prospettive filosofiche e religiose che hanno a lungo enfatizzato “mente” e “anima” come le caratteristiche distintive che elevano gli esseri umani al di sopra dello status di animali.
In questa rappresentazione, le donne – a differenza degli uomini – erano viste come governate dai loro corpi e dalle emozioni, e quindi più distanti da ciò che era considerato più elevato, come gli Dei, e più vicine allo status degli altri animali.

Ask Them Stigma Mestruazioni

Ci sono molte prove, a livello
antropologico, che le mestruazioni
femminili nella storia
e nelle culture siano state temute,
considerate disgustose e soggette
a tabù e norme di occultamento.

Verso la fine del XVIII secolo iniziò a farsi forza una nuova rappresentazione in cui alla donna era richiesto  – per elevarsi dalla sua bestialità – di presentarsi come eterea, pacata, pulita, pura. Questa nuova possibilità fu percepita come migliore rispetto alla precedente, e prese presto il sopravvento.

Per elevare la sua condizione da “bestiale” a “puro”, il corpo femminile non può più essere corpo, perché il corpo è “sporco”. Tutti gli aspetti fisiologici e naturali del corpo femminile, incluse le pulsioni sessuali, vengono nascosti con vergogna e, se esposti pubblicamente, provocano disgusto nella società. 

In questo periodo diviene prevalente la prescrizione di genere – oggi molto radicata –  secondo cui il corpo femminile deve essere magro, giovane, bianco, liscio, senza segni o rughe, senza peli, privo di bisogni fisiologici, senza desideri. Il corpo femminile deve essere perfetto e perfettamente sotto controllo – ad esempio attraverso pratiche estetiche costrittive – e dedito a soddisfare, in quanto oggetto, il piacere e i bisogni maschili.

In questa rappresentazione le mestruazioni riportano alla realtà della corporeità. E come tali generano disgusto e vergogna.

Questo pregiudizio è sopravvissuto all’evoluzione culturale e allo sviluppo della medicina moderna, la cui rappresentazione culturale prevalente suggeriva che le donne fossero influenzate totalmente dalle loro ovaie.
Sebbene la medicina contemporanea non aderisca più a convinzioni così inverosimili, lз antropologз trovano ancora prove che le persone vedano le persone mestruate come “contaminate”.

In questo discorso vediamo come, nuovamente, le identità non binarie e trans, siano totalmente assenti dall’essere considerate. Questo a causa del radicato essenzialismo della nostra cultura: il sesso assegnato alla nascita – rigorosamente binario – corrisponde al sesso biologico e deve corrispondere all’identità di genere. 

Oggi sappiamo che la realtà è molto più complessa di così, ma a livello psicologico e culturale è molto difficile sganciarci da questo tipo di visione.

Per combattere questo stigma il primo passo è la consapevolezza. Sapere che lo stigma esiste e che ha degli effetti negativi ci permette di ipotizzare soluzioni efficaci per contrastarlo.
A mio avviso giocano un ruolo fondamentale l’educazione e la comunicazione. Dovremmo iniziare a parlare con tranquillità e senza paura di mestruazioni, rinforzando il messaggio per cui si tratta di un aspetto fisiologico naturale nella vita di alcune persone, non necessariamente donne.

Come hai già anticipato tu nella risposta precedente, quando si parla di mestruazioni, nella conversazione “standard”, vengono solitamente escluse le persone trans* e non binarie: che tipo di conseguenze può avere questa continua esclusione e questa continua negazione della propria identità, a livello psicologico?

L’esclusione sistematica dal discorso sulle mestruazioni di persone trans e non binary contribuisce alla discriminazione, attraverso l’invisibilizzazione di chiunque non sia “donna biologica”. Gli effetti negativi di queste narrazioni emergono sia a livello individuale sia a livello sociale.

Ask Them Non Binary

Le persone trans e
non binary subiscono
una duplice ingiustizia

Le persone trans e non binary subiscono una duplice ingiustizia: da un lato la società non le riconosce e quindi non considera i loro bisogni, dall’altro lato sono discriminate in quanto la forte associazione tra mestruazioni e sesso assegnato alla nascita rischia di condurre a un’invalidazione dell’identità di genere. In sostanza, se hai le mestruazioni, sei “naturalmente” una donna.

Tutti questi aspetti sono riconducibili alla stigmatizzazione, che può avere un impatto severo sul benessere psicologico della persona e portare a svalutazione di sé, riduzione dell’autostima, ansia, depressione, altri disturbi psicologici, fino al suicidio.

E’ una situazione per molte persone inimmaginabile e crediamo che ci siano anche pochi luoghi dove queste persone possono sentirsi accolte, ascoltate e tutelate. Ci racconti 3 cose che vorresti dire a una persona trans* o non binaria, ogni volta che si sente esclusa dalla conversazione legata alle mestruazioni?

Innanzitutto di tutelare il proprio benessere psicologico, ad esempio trovando degli spazi sicuri, sia fisici che virtuali, in cui sentirsi rappresentatǝ e inclusǝ, oppure cercando supporto dalla propria rete sociale.

Poi consiglio di evitare – se e per quanto possibile – di esporsi a narrative discriminatorie e invisibilizzanti.

Infine, solo se la persona ha la possibilità, le risorse e la volontà di farlo, di dare voce alla propria esclusione.

Su questo ultimo punto però è importante ricordarci che non si può lasciare tutta la responsabilità del cambiamento sociale alle singole persone coinvolte o ai gruppi sociali marginalizzati, anche le istituzioni hanno una responsabilità sociale in tal senso.

E’ vero, le responsabilità sono condivise e riguardano tutte le parti coinvolte, soprattutto quelle che hanno più privilegi e più possibilità. A proposito di questo, ci sono sicuramente delle azioni che chi è alleatə può fare per essere inclusivə nei confronti delle persone trans* e non binarie: ce ne suggerisci 3?

In primo è importante mettersi in ascolto attivo, lasciare in secondo piano la propria individualità e cercare sinceramente di comprendere che il vissuto di un’altra persona non corrisponde al nostro.
L’appartenenza a gruppi sociali diversi dal nostro, infatti, può avere un impatto significativo sul proprio contesto di vita, sulle proprie posizioni e sulle proprie caratteristiche psicologiche.

Talvolta in questo processo di ascolto ci si può sentire in colpa, sotto accusa, responsabili, ecc. Un altro consiglio è di utilizzare questo sentire per comprendere meglio cosa l’altra persona ci sta raccontando, cercando di mettere da parte il nostro bisogno di difenderci. Ad esempio, se la persona ci fa notare che un nostro commento risulta offensivo, anziché giustificarci minimizzando l’accaduto, possiamo scusarci e assicurarle che presteremo maggiore attenzione.

Viviamo tuttз immersз in un mondo in cui ci sembra “naturale” che il mestruo sia associato all’identità biologica femminile e non ci rendiamo sempre immediatamente conto che questo tipo di narrativa sta escludendo qualcunǝ. Uscire dalle norme richiede motivazione ed energia, è un processo attivo e continuo, che può risultare faticoso.
Se ci capita di sbagliare – e probabilmente accadrà – riconosciamo il nostro errore, interveniamo per correggerlo e andiamo avanti.

Infine, se ci è possibile, prendiamo una posizione attiva e di critica costruttiva nei confronti di narrazioni che risultano essere escludenti, facendo notare la problematicità di queste ultime e proponendo soluzioni più inclusive.

Ask Them Inclusività

Le tue risposte sono state davvero esaustive e credo che possano essere di grande aiuto a comprendere meglio questo tema e questa situazione. C’è un’ultima cosa che vorresti aggiungere relativamente al rapporto che le persone hanno con le mestruazioni e a come viene visto questo argomento?

Vorrei ribadire il ruolo fondamentale dell’educazione. L’educazione affettiva e sessuale – materia di elezione per discutere di mestruazioni – non è ancora obbligatoria in Italia, nonostante le prove evidenti rispetto alla sua efficacia su questo tipo di tematiche.

La divulgazione sui social sta permettendo alle persone di accedere più facilmente a informazioni educative su questo tema, ma non può raggiungere tuttз. Il rischio è che – lasciando l’educazione a internet e ai social – si crei un ulteriore divario tra coloro che possono/riescono/vogliono accedervi e coloro che non lo fanno, aumentando la disparità sociale.

Non possiamo lasciare questa responsabilità nemmeno alle famiglie che spesso, a loro volta, non sono sufficientemente informate su certi tipi di tematiche e rischiano di reiterare tabù, disinformazione, falsi miti e pregiudizi.

Ask Them Comunicazione



Abbiamo bisogno di
un’educazione estesa, positiva
e inclusiva ai vari livelli scolastici.
Non possiamo lasciare alle nuove
generazioni la responsabilità
di auto-educarsi attraverso
canali alternativi. 

L’intervista con Giulia è terminata! Crediamo che le sue parole siano una fonte di informazioni e di supporto davvero grande e siamo davvero felici di aver potuto parlare con lei di questi argomenti e di poter condividere questa intervista con chi ci legge.

Con il nostro progetto vogliamo abbattere tabù e stigma, e ci siamo ritrovati molto nelle sue parole, quando ha affermato che una delle cose che possiamo fare è prendere una posizione attiva, e che la comunicazione ha un ruolo fondamentale nella riuscita del nostro obiettivo.

Se pensi che questo articolo sia interessante (e noi crediamo lo sia, parecchio), non esitare a condividerlo con le persone che pensi abbiano più bisogno di leggerlo!